"L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica"

Le riflessioni di Walter Benjamin sul cinema si collocano nell'ambito di una nuova teoria dell'arte nell'"epoca della sua riproducibilità tecnica". Assumendo in primo luogo gli aspetti tecnici della riproduzione del mondo realizzata dal cinema, Benjamin colloca tutta la problematica estetica relativa al cinema nel contesto di quella radicale crisi del sistema tradizionale delle arti di cui le nuove modalità di percezione "collettiva" e "distratta", tipiche del pubblico cinematografico, sono insieme causa ed effetto.

Con un linguaggio che sembra risentire delle più incandescenti formulazioni dell'avanguardia sovietica, Benjamin così descrive l'avvento del cinema:                                                                                                              

"Poi è venuto il cinema e con la dinamite dei decimi di secondo ha fatto saltare questo mondo simile ad un carcere; così noi siamo in grado di intraprendere tranquillamente avventurosi viaggi tra le sue sparse rovine"

A causa della riproducibilità dell'opera d'arte, ottenuta attraverso la tecnica cinematografica  la distruzione contemporanea del valore dell'opera d'arte, tradizionalmente fondato proprio sul carattere di unicità e irripetibilità (il suo "hic et nunc"). L'hic et nunc costituiscono l'autenticità dell'originale, mentre l'autentico mantiene la sua piena autorità davanti alla riproduzione manuale, che è bollata come "falso", questo non accade nel caso della riproduzione tecnica:                                                              

"Le circostanze in mezzo alle quali il prodotto della riproduzione tecnica può venirsi a trovare possono lasciare intatta la consistenza dell'opera d'arte, ma in ogni modo determinano la svalutazione del suo hic et nunc... Ciò che viene meno è quanto può essere riassunto con la nozione di "aura"

Dal momento in  cui il criterio di autenticità nella produzione dell'arte, l'aura, viene meno, si trasforma anche l'intera funzione dell'arte. In effetti tradizionalmente, il valore unico dell'opera d'arte autentica trovava significato nell'ambito del rituale, mentre con la riproducibilità il prodotto artistico si allontana da tale ambito:

"Il modo originario di articolazione dell'opera d'arte dentro il contesto della tradizione trovava la sua espressione nel culto. Le opere d'arte più antiche sono nate al servizio del rituale, dapprima magico, poi religioso... La riproducibilità tecnica dell'opera d'arte emancipa per la prima volta nella storia del mondo quest'ultima dalla sua esistenza parassitaria nell'ambito del rituale"

Secondo Benjamin, si possono distinguere due tipi di valore dell'opera d'arte: quello cultuale e quello espositivo. Il primo, anche cronologicamente, è il valore dell'opera d'arte in quanto questa è al servizio del culto e deriva dal fatto che l'opera d'arte non è accessibile a tutti in ogni momento e in ogni luogo:                        

"La riproduzione artistica comincia con figurazioni che sono al servizio del culto. Di queste figurazioni si può ammettere che il fatto che esistano è più importante del fatto che vengano viste. Il valore cultuale come tale induce a mantenere l'opera d'arte nascosta: certe statue degli dei sono accessibili solo al sacerdote nella sua cella. Certe immagini della Madonna rimangono invisibili tutto l'anno"   

Il valore espositivo è, all'opposto, il valore dell'opera d'arte in quanto questa è accessibile a tutti in ogni momento e in ogni luogo; è il valore che l'opera assume nella modernità (l'epoca del trionfo della scienza e della tecnica sulla magia e dunque sul culto) grazie all'avvento degli strumenti di riproduzione meccanica:  

"Con l'emancipazione di determinati esercizi artistici dall'ambito del rituale, le occasioni di esposizione aumentano. L'esponibilità di un ritratto a mezzo busto, che può essere inviato in qualunque luogo, è maggiore di quella di una statua di un Dio che ha la sua sede permanente all'interno di un tempio".                         

Benjamin trae importanti conclusioni a proposito del cinema anche dai movimenti di avanguardia artistica, in particolare dal Dadaismo e dal Futurismo. Il primo, infatti, ottiene attraverso i singolari mezzi che utilizza (poesie come "insalate di parole", dipinti come "accozzaglia di oggetti") l'annientamento dell'aura dei suoi prodotti:

"Il Dadaismo cercava di ottenere con i mezzi della pittura e della letteratura quegli effetti che oggi il pubblico cerca nel cinema"                                                                                                                              

Il secondo, invece, tiene conto della penetrazione nella realtà da parte della macchina attraverso una fusione tra una realtà rappresentata e un'apparecchiatura rappresentata:                                                                         

"Nel Futurismo il ruolo preminente è il presentimento degli effetti di questa apparecchiatura rappresentata, effetti che poi si manifesteranno nel rapido scorrere della pellicola cinematografica"

HOME PAGE