"La coscienza di Zeno"

La narrativa di Italo Svevo si lega a quella linea che si costituisce col crollo dell'impero austro-ungarico, e che va sotto il nome di cultura mitteleuropea, nella quale si hanno influssi italiani, slavi e tedeschi (Kafka, Musil). La narrativa italiana quindi si adegua anche a quella europea, che è fondamentalmente basata sullo studio psicologico dei personaggi.

Fra le opere di Svevo, in particolare, si può prendere in considerazione il suo romanzo più significativo "La coscienza di Zeno", nel quale è espresso il presentimento di un mondo che sta crollando, di una catastrofe incombente che è estrinsecamente identificabile con il crollo dell'impero austro-ungarico ma che, in realtà, è la crisi dell'uomo europeo.

L'oggetto del romanzo è la coscienza, per questo il racconto non presenta gli eventi nella loro successione cronologica, ma in un tempo del tutto soggettivo in cui il passato riaffiora continuamente e s'intreccia al presente: la narrazione segue i complessi e contraddittori moti della coscienza stessa. Il romanzo si può considerare come una serie interminabile di riflessioni e di divagazioni non dominate intellettualmente dal protagonista, come un "flusso di pensieri", di sensazioni che attraversano la sua mente.

La storia , che tratta di un uomo che è in cura da uno psicoanalista ,  si divide in tre parti: la prefazione, firmata dallo stesso psicoanalista, che spiega come il medico abbia voluto pubblicare le memorie del suo paziente per vendetta, in quanto egli si è sottratto alla cura; la parte centrale, nella quale Zeno racconta alcuni episodi della sua vita e spiega la sua malattia; il diario, tenuto da Zeno dopo l'interruzione della terapia, che esplicita i motivi per cui il protagonista l'ha interrotta.

Il romanzo è scritto in prima persona e Zeno Cosini, il protagonista, è contemporaneamente attore e narratore della storia che lo riguarda. Egli si presenta come un uomo debole, insicuro, malato e, soprattutto, incapace di vivere, di scegliere. Anche se il caso alla fine lo getta nella fortuna, Zeno può essere considerato il tipico esempio di uomo "inetto", cioè di colui che non possiede alcuna certezza, è instabile nei suoi propositi e non riesce a prendere delle decisioni.

Fin dall'inizio del romanzo ci troviamo di fronte a qualcosa che è un po' fuori dal comune, in quanto il medico nell'introduzione asserisce:  "se sapesse quante sorprese potrebbero risultargli dal commento, dalle tante verità e bugie ch'egli ha qui accumulate",   mettendo in forse la credibilità delle affermazioni del paziente, preparando il comportamento ambiguo e depistante del "malato". Il lettore quindi sa subito di trovarsi di fronte un resoconto non obiettivo, ma che deve essere interpretato, che deve essere letto fra le righe.

E' evidente la lezione freudiana, poichè la psicoanalisi offre ai "fraintendimenti" dello scrittore, strumenti molto validi per esplorare a fondo la condizione umana, attraverso il rigoroso esame della malattia, con i suoi lapsus, autoinganni e rimozioni. Il rapporto Svevo-Freud risulta però essere un rapporto limitato perchè Svevo non accorda valore terapeutico alla psicoanalisi, ma la considera solo un ottimo strumento conscitivo. La psicanalisi non è la soluzione del problema dell'uomo ed anzi è costretta a registrare il suo fallimento.

In effetti nell'ultimo capitolo, intitolato "Psicoanalisi", ambientato nel periodo drammatico della prima guerra mondiale, Zeno nega di essere mai stato ammalato poichè la sua malattia, in realtà non era altro che uno stato che gli ha permesso una visione più lucida della realtà. Zeno generalizza la malattia a tutto il mondo sostenendo che chi si sentiva sano era malato e viceversa: la salute è la condizioni di chi possiede certezze, principi, quindi constatata la vanità di questi, egli conclude che sarebbe stato meglio "guarire dalla salute".  L'uomo è ammalato così in profondità che nessuna medicina lo può guarire e, nel finale apocalittico, Zeno afferma che l'uomo potrà paradossalmente salvarsi dalla propria inguaribilità solo con la scomparsa della specie umana:                                                            

"Forse attraverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo  fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile... Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po' più ammalato, ruberà tale esplosivo e s'arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto sarà massimo. Ci sarà un'esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e malattie"

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